Busa

Le prime notizie sulla località Busa risalgono al 1244; in una pergamena conservata nella biblioteca civica Angelo Maj, si cita un certo Acerbis de Holera il quale ha dei possedimenti alla Busa di Nese. Anticamente probabilmente era un piccolo Pagus che con Brumano faceva parte del Vico di Nese. La parte più antica, oggi poco riconoscibile, è quella che fiancheggia la strada che da Nese porta alla Busa, dove poi iniziavano al tempo le mulattiere che salivano, una a Olera e l’altra a Monte di Nese, da Monte di Nese poi scendeva a Poscante per poi proseguire per la valle Brembana ( era il primo collegamento tra Bergamo e la valle Brembana). Prima di superare il ponte sul torrente Djerba, sulla sinistra salendo vi è una casa al tempo chiamata la “Ca di Gambecc” la quale era adibita a dogana, pagava un piccolo pedaggio chi vi transitava con le merci per salire a Olera o Mt. di Nese. Appena superato il ponte, sulla sinistra, vi è una casa molto antica, forse la più antica del borgo con un bell’affresco di discreta fattura, sull’arco del portale di entrata raffigurante l’Annunciazione a Maria databile alla fine del sec. XIV°. Questo sta ha significare che la casa doveva appartenere a qualche personaggio benestante. Superata la curva sempre sulla sinistra vi è la chiesetta della SS. Trinità, eretta nel “500” rifatta nel “700” ed infine ampliata con l’aggiunta di una campata nel 1948 dall’allora curato Don Luigi Mazzoleni. Nella piazzetta del borgo dove le strade si biforcano vi era una locanda , che anticamente serviva per la sosta e il cambio dei cavalli e per chi voleva raggiungere la valle Brembana passando per Mt. di Nese. Questa locanda ancora negli anni cinquanta era gestita dalla famiglia Bonasio, discendenti dei vecchi gestori della posta. Seguendo la strada di destra, questa porta ora ad un insediamento di attività artigianali ma al tempo portava ad un mulino detto il mulino dei Bono (tutt’ora esistente). Proseguendo per la strada si arriva all’insediamento di attività artigianali, ed è ancora visibile sulla destra la vecchia cava di pietre con cui si produceva il cemento, prima dai Guffanti e poi dai Pesenti ( Italcementi) poi la Calce e Cementi Nese chiusa alla fine degli anni “80”.

Più avanti vi erano delle cave di pietra per la costruzione della case con le pietre a vista, l’ultimo proprietario è stata la famiglia Caprini. Proprio sotto la località Burro vi era un’altra cava dove estraevano del materiale che macinato serviva per la bitumazione delle strade. II proprietario era la Ditta Colombo di Cassano d’Adda. Ambedue le cave hanno cessato di funzionare alla metà degli anni “60”. In basso nel torrente Nesa, vi è un edificio da qualche anno ristrutturato e trasformato in casa di abitazione nella quale alla fine del secolo scorso vi era installata una turbina idraulica “Pelton” che produceva energia elettrica per l’illuminazione del comune di Alzano e di Ranica (negli anni trenta fu acquistata dalle Cartiere Pigna che la tenne in efficienza fino all’anno 1968); la presa d’acqua per il funzionamento era collocata in località Mulino in Brumano, qui un canale in cemento armato, in leggera pendenza, portava l’acqua fino sopra la casa dei Bono e un canale poi con discesa ripidissima si immetteva nella turbina (sono ancora visibili i resti del canale, che era poi diventato un sentiero di transito). Tornando ancora al bivio della piazzetta della Busa, vi è una casa, sulla sinistra salendo, che ha perso il suo aspetto di casa rurale di un tempo, nel 1936 nell’abbattere il muro sotto una finestra, per ricavarne una porta, sono state trovate in un contenitore di ferro arrugginito, 50 monete d’oro della Repubblica Veneta risalente al 1400. Proseguendo sulla strada che porta ad Olera, che prima era una mulattiera all’inizio del 1900 è stata allargata diventando transitabile ai carri, vicino alla località Lacca vi era una cava, (tuttora visibile anche se delimitatala una rete metallica e inibita all’accesso) dei Fratelli Pesenti dove una targa ricorda il primo cemento prodotto proprio in questa cava in data 1878, al lato opposto della strada in basso quasi a livello del torrente Djerba vi erano due forni costruiti con mattoni refrattariper la cottura del materiale cavato, che poi veniva trasportato ad Alzano Sopra e macinato.

La chiesetta come accennato sopra, è piuttosto spoglia, denota la povertà della gente del luogo ma con una certa dignità. L’opera più importante è l’affresco sull’altare destro che rappresenta la Madonna con il Bambino e SS. Marco Evangelista e Francesco del “600” della scuola di Giovan Paolo Cavagna, l’altare maggiore in legno opera di scuola Canianesca a imitazione di marmi. Gli altari laterali in stile tardo rinascimento in marmo sono anch’essi del “600” di buona fattura ( quello di sinistra dedicato a S. Grato sulla sommità è uno stemma della famiglia Donadoni. Le tele dell’abside, quella centrale raffigurante la SS. Trinità è opera di Vincenzo Orelli della fine del “700”, quelle ai lati, una raffigurante S. Grato che fa cessare un fortunale e l’altra tela raffigurante il Transito di S. Giuseppe sono di un certo Colombo pittore poco conosciuto. Gli stalli del coro sono della bottega dei Caniana della fine del “600″. Vi sono altri dipinti del pittore Giulio Masseroni che rappresentano i quattro Evangelisti.

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