La pieve

Tutti gli abitati della bassa Valle Seriana erano compresi nella giurisdizione religiosa della pieve di Nembro, intitolata a San Martino, come la basilica di Alzano, che indicherebbe una matrice cultuale di origine franca. Il culto di S. Michele, invece, è probabile testimonianza della presenza Longobarda ad Alzano.

Le pievi furono le prime chiese battesimali create al di fuori della città, a partire dal IV-V secolo. Erano le chiese ove si potevano somministrare tutti i sacramenti, ed in primo luogo il battesimo, che segnava l’ingresso nella comunità cristiana. A partire dall’età carolingia, le pievi divennero inoltre centro di riscossione delle decime (un decimo di tutti i prodotti della terra e degli animali domestici), intese come una sorta di tassa per la manutenzione delle chiese, per il sostentamento del clero e per l’elemosina ai poveri. In origine le pievi erano poche in tutta la diocesi, con giurisdizione su un territorio molto ampio, ove vivevano decine di comunità.

Nel secolo XII la giurisdizione feudale del vescovo su gran parte del territorio bergamasco era esercitata attraverso la ripartizione del territorio in Curie, trasformando la forma del potere feudale ed avvicinandola all’amministrazione pubblica. Alzano faceva parte della Curia di Albino.

Nel 1260 l’intera diocesi di Bergamo era divisa in 15 pievi. Solo alla fine del Medioevo si estese la facoltà di battezzare ad altre chiese, spesso una per ogni comunità. Nasceva così l’ordinamento parrocchiale che dura ancor oggi.
La dipendenza dal vescovo era caratterizzata dalle concessioni di terre in affitto, con il canone fissato in una quota del raccolto (in genere un terzo del raccolto e metà del vino), dalle corvée (prestazioni d’opera e giornate di lavoro gratuito), dai censi in natura e dalle imposte in denaro quali il fodro, che in origine era un obbligo a servire di fieno e derrate alimentari la curia e il suo seguito quando si spostava ad Albino.

Nese, con le località di Monte di Nese, della Busa e del Burro, si costituì in Comune rurale insieme con Ponteranica, all’ombra del Comune Maggiore di Bergamo cui era giurata fedeltà, segno del dominio della città sul contado, della cui giurisdizione entrarono a far parte essendo ascritti, come risulta dallo statuto cittadino del 1263, alla “facta” o faglia di porta di S. Alessandro o più esattamente alla “facta” di S. Lorenzo.

Furono inoltre formate delle unioni di più Comuni aggregati in un unico ente chiamato appunto Unione o Maggiore, che, rispetto ai Comuni componenti, aveva patrimonio autonomo e vita indipendente, tanto da dotarsi spesso di uno Statuto proprio, in modo da agevolare le operazioni di riscossione fiscale imposte dal Comune di Bergamo.

In un atto del 1297 si parla dell’unione dei Comuni della Valle Seriana in una federazione con la città di Bergamo, che inviava il Vicario di Valle a Nembro e che in quell’anno era un tale Giovannino dei conti di Camisano.

I Comuni rurali mantennero però una larga autonomia per quanto riguardava l’organizzazione e l’amministrazione interna e potevano decidere sull’organizzazione del culto, sullo sfruttamento delle selve, dei pascoli e delle risorgive, sulla viabilità e sulla definizione dei confini comunali.

Un atto del 1302 è indice della raggiunta autonomia comunale. Vi sono trascritte le norme di funzionamento, elezione e ripartizione amministrative di ognuna delle quattro “quadre”, Zanchi, Serina, Piazza, Gritti, e quelle per la costituzione del Consiglio Comunale o Arengo e per l’elezione dei Consoli, dei Sindaci e dei Consiglieri.

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