Olera

La storia

Olera, borgo medioevale, villaggio dove il tempo ha un’altra dimensione. Le case addossate le une alle altre, dove le finestre pare che si parlino tanto sono vicine, raccontano di cose passate, le viuzze strette dove si passa solo a piedi, un tempo percorse dai muli, da asini e dagli armenti che venivano condotti ai magri pascoli del bosco e sulle alture circostanti, il Monte Solino ad ovest, il Canto Basso ad Est, le propaggini del canto Alto a Nord.

L’abitato mantiene ancora quell’atmosfera dei tempi in cui la vita veniva scandita dal percorso del sole nell’arco del cielo, le stagioni avevano un valore non solo dello scorrere del tempo ma era il percorrere del senso della vita allora prevalentemente contadina, dalla primavera con la semina, la prima fienagione, all’estate con le piante che mettevano i loro frutti, all’autunno alla loro la raccolta oltre alla pulizia del bosco dalle foglie cadute per fare la lettiera alle mucche nelle stalle, all’inverno con il riposo accanto al camino o nel tepore dell’alito delle bestie nella stalla, con il lavoro per preparare le gerle, gli zoccoli, riparare gli utensili per il lavoro dei campi. Una vita impensabile ai nostri giorni. Abitanti del luogo che contendevano al bosco o alle rocce calcaree quel fazzoletto di terreno per le coltivazioni, gente tenace, che alle volte doveva emigrare per potersi sfamare dato che nel luogo natio le risorse erano quasi sempre scarse. La maggior parte possedeva delle greggi e qualche mucca, si lavorava la terra sui terrazzamenti (Ruc) piantando orzo, grano e più tardi il mais. Qualcuno invece lavorava nel preparare le pietre coti e le olle per la cottura dei cibi.

La tecnica per la costruzione delle case rimane identica per secoli, quando si amplia una di queste si riutilizza tutto il materiale che è stato asportato per la modifica. Tipica costruzione di montagna, la casa veniva così strutturata: Al piano terreno la cucina e la stalla, al piano superiore le camere da letto ed il fienile sul quale si ammassava il fieno per rifornire gli armenti durante l’inverno. Gli animali prima entravano in cucina per poi passare nella stalla, essa era così vicina alla cucina perché d’inverno nelle giornate gelide si passava il maggior tempo nella stalla al tepore che gli animali emanavano, d’estate gli armenti stanziavano sulle colline o in alta montagna.

Le prime notizie di Olera risalgono addirittura al tempo di re Rachi nel 747 il quale aveva concesso ad un certo Limino il “Fundus” regio di Sorisole il quale comprendeva Azzonica, Rosciano e Olera.

Limino donò il tutto al senodochio di S. Cassiano nel 772. Questi possedimenti passarono al vescovo di Bergamo come risulta nell’atto di fondazione della Canonica di S. Vincenzo nell’897. Nel 1249 il vescovo di Bergamo Alberto di Terzo stese un contratto di enfiteusi con i Sindaci di Sorisole impegnandosi a rinunciare ai privilegi sulla caccia, sulla riscossione delle decime e dei dazi sui raccolti agricoli riguardanti i territori posti in Sorisole, Ponteranica, Azzonica, Prato della Rovere, Rosciano, Olera, Poscante, Almè, Villa d’Almè e Bruntino. L’autonomia e il distaccamento di questo “Fundus” vescovile per queste località fu in seguito sancita negli Statuti di Bergamo nel sec. XIII – XIV dove si indicavano i comuni di Azzonica, Sorisole, Ponteranica, Prato della Rovere, Rosciano, Olera e Poscante.

Il nome di Olera è di etimologia incerta, forse deriva dalle pietre “ollari”che in questi luoghi si estraevano dalle cave, da questo materiale in serpentino verde vi si ricavavano delle pentole per cuocere i cibi. Altra supposizione ma meno convincente deriva da “Olus” luogo per la coltivazione dei legumi. La storia di questi luoghi si perde nei tempi in cui i primi abitatori forse gli Orobi nel V sec. a C. abitavano queste lande spopolate. Arrivano poi galli Cenomani che conquistano prima la bassa pianura e poi via via le valli. I Cenomani vengono poi scacciati dai romani che nel II sec. a C. dopo aver sottomesso Bergamo e la valle Seriana si spingono fino a Gromo ove sono ubicate le miniere per l’estrazione del ferro, già conosciute e sfruttate dagli Etruschi. Sono loro che iniziano la costruzione delle prime strade, arrivano anche in val Brembana partendo da Bergamo risalendo Torre Boldone, Ranica, Alzano L. Nese, Monte di Nese, scendono a Poscante per risalire poi la valle da S. Pellegrino in su, questo percorso per la valle sarà l’itinerario che fino al XVII sec. useranno i mercanti per i loro traffici, una delle “Vie Mercatorum”, così anche per i pastori che accompagnavano gli armenti all’alpeggio estivo le loro mandrie e greggi.

Documenti attestanti l’abitato di Olera si trovano in biblioteca civica ci illuminano su come gli abitanti vivevano. Uno dei primi è un atto datato 1165 che si riferisce ad un certo Lanfranco Scaroto e dei figli di Pietro Pennezza circa le divergenze per alcune decime che essi devono versare ai canonici alla chiesa di S. Vincenzo di Bergamo i quali avevano dei terreni a Larianica e a Olera.

Un altro documento del 1229 parla di un certo Michele Musso abitante a Valtesse ma nativo di Olera ( un emigrato), che affitta terreni di proprietà della Cattedrale di Bergamo. Forse qualche altra notizia si potrebbe rintracciare da documenti giacenti negli archivi parrocchiali dei paesi della valle ma che non sono magari mai stati visionati. Però in uno di questi documenti che porta la data dell’anno 1228 si sa che Olera fa parte del comune di Zogno. Altro documento dell’anno 1471 ci informa che Olera fa parte del comune di Poscante, vi rimarrà fino al 1925 quando passerà a far parte del comune di Nese, e quando Nese nell’anno 1927 verrà accorpato da Alzano, Olera lo seguirà. La strada attuale che prima era un po’ più stretta fu ultimata nel 1910, arrivava già nella zona detta dei “Forni” dove i Pesenti avevano una cava dove estraevano il materiale per fare il cemento (è il primo cemento che viene fabbricato ad Alzano). Il vecchio cimitero era posto verso Nord sulla mulattiera che porta in località “Carnit” fatto erigere da napoleone all’inizio dell’800. quello attuale che sorge prima dell’abitato è stato costruito nel 1911/13.

La chiesa di S. Bartolomeo

La chiesa parrocchiale è stata eretta nel 1471, sopra un torrentello ancora visibile sotto le fondamenta, dedicata a S. Bartolomeo Apostolo, era in stile romanico, colpita da un fulmine dopo sei anni e per questo rimasta inagibile per diverso tempo. Risistemata, S. Carlo Borromeo nel 1575 durante la visita apostolica la descrive come chiesa decorosa ed elogia la grande icona dorata (probabilmente il polittico del Cima). Attiguo alla chiesa sorgeva il cimitero sul lato nord ovest, dove gli abitanti vi avevano piantato una vigna, S. Carlo ordina che sia estirpata il più presto possibile pena il pagamento di 40 ducati.

Nel 1857 l’allora parroco Don Alessandro Vanoncini trova la chiesa in cattivo stato, vorrebbe intervenire con un restauro perché a suo dire la essa ha bisogno di un intervento . Siccome mancano i fondi ed il costo si presenta piuttosto alto pensa di vendere il polittico del Cima, col ricavato pagare l’intervento. Per fortuna la Commissione d’Arte della Curia vescovile di Bergamo non acconsente, anzi dice che la chiesa non ha bisogno di un grosso intervento ma solo di una manutenzione ordinaria.

Nel 1870 il parroco Don Luigi Brugnetti subentrato al precedente constata che la chiesa abbisogna di un intervento di restauro ma anche e anche di un ampliamento della sacrestia e sistemazione degli altari.

Egli affida all’architetto Cattò di Bergamo il progetto per un intervento radicale, nel 1873 iniziano i lavori, eseguita dalle maestranza e locali. La pianta grosso modo rimane quella primitiva ma viene alzata di mt 5,50, vengono inseriti quattro pilastri nell’interno e i due altari laterali vengono spostati all’esterno traendone due cappelle. La facciata ed il tetto rifatti; il tutto nel nuovo stile dell’epoca, il Neogotico, i portali e i confessionali in legno di noce completamente nuovi sempre nel nuovo stile, sono pregevoli. Le vetrate attuali vengono poste in diversi anni ( negli anni 80 del “900) sono di Trento Longaretti. La tinteggiatura eseguita al tempo del rifacimento era molto più scura, ultimamente (negli anni 90) e stata rifatta con una tinteggiatura molto più chiara dando una luminosità notevole all’interno.

Nella chiesa vi sono custodite opere d’arte di grande pregio, la più straordinaria è il polittico del Cima da Conegliano eseguita nel 1489, opera giovanile dell’artista, capolavoro della pittura italiana del “400”. Come sia giunto ad Olera quest’opera non è dato sapere, si possono fare sole delle congetture; la popolazione di Olera, essendo il paesino molto piccolo, era soggetta ad emigrazione; forse qualche spaccapietre recatosi a Venezia (in quel periodo a Venezia sta operando un valente architetto alzanese Guglielmo d’Alzano, per la costruzione di diverse cappelle patrizie, egli conoscendo l’abilità di qualche olerese nella lavorazione della pietra, si avvale della loro collaborazione), uno di questi diventa magari capocantiere, si arricchisce e avendo nostalgia della propria terra natia dopo una vita di lavoro fa ritorno a casa portando con se questo capolavoro, era uno degli “status simbol” del tempo, arricchire la propria chiesa con opere di grandi artisti. L’opera di ottima fattura è una tempera mista su tavole. Altra opera di pregio è l’icona posta al centro dell’altare laterale di sinistra di chi entra dal fondo, attribuita dai critici a Rizzo da Candia, un pittore Cretese trasferitosi a Venezia specializzatosi in questo tipo di rappresentazione. L’icona ha il titolo “La Madonna del Pollice”.

Nella parte alta ai lati del presbiterio vi sono due affreschi di buona fattura, rappresentano il martirio di S. Bartolomeo alla sinistra e la predicazione dello stesso santo alla destra, eseguiti alla fine dell’800 da Ponziano Poverini, pittore nato a Gandino che è stato uno dei direttori dell’Accademia Carrara, dello stesso, è l’affresco dell’abside, “La Deposizione”.

Sopra il portale d’ingresso vi sono due tele: L’Adorazione dei Magi (restaurata nel 2001) e la discesa dello Spirito Santo nel cenacolo sugli Apostoli e Maria SS., sono opere attribuite al cremasco Vittoriano Urbini della fine del ‘500.

La chiesa della SS. Trinità

La chiesa della SS. Trinità, così la denominazione originale che poi verrà chiamata dei morti per via delle ossa e delle lapidi poste all’inizio del “600 nel pavimento. La chiesa risale al 1300, può essere quella che cita il Mandelli che era stata fatta costruire da Alberto Acerbis nel 1296 assieme alla sua villa. (venne utilizzata dalla popolazione per il periodo in cui la chiesa parrocchiale fu inagibile per l’incendio causato dal fulmine). Vi si custodiscono diverse opere, un trittico con la Madonna e santi Cristoforo e Antonio Abate della fine del “400, un bassorilievo in legno dipinto su tavola che rappresenta il martirio di S. Stefano della fine del “400 inizio “500, una tela raffigurante S. Luigi Gonzaga del “700, una tela raffigurante la Trinità e santi tra i quali S. Paolo, S. Lorenzo, una copia di un dipinto di Paolo Veronese attribuito a Paolo Piazza eseguito nel 1597; quest’ultima tela commissionata dai tagliapietre lavoranti a Venezia, al centro dell’abside vi è il Cristo Pantocrator, purtroppo è stato rovinato negli anni 50 del 1900 quando il parroco Don Nicoli vi collocò la riproduzione della grotta di Lourdes con Maria SS. e Bernadette. Sull’arco dell’abside degli affreschi che rappresentano Profeti biblici. Vi è anche un affresco strappato da una santella demolita che rappresenta la Madonna della Gamba.

La chiesa di S. Rocco

Sopra l’abitato di Olera posta est c’è la chiesa di S. Rocco, esistente gia prima del 1575, ad un’unica navata con tetto di cotto originale sopportato da travi; l’abside affrescato coll’immagine del Cristo Pantocrator (Dominatore) con contorno di angeli. E’ una tipica chiesa di campagna, con le due finestre ai lati del portale di entrata, sorge in un luogo che domina la piccola valle della Nesa. Buoni i dipinti in affresco della metà del “400 (forse della bottega dei Marinoni di Albino, restaurati malamente nel 1930 da un certo Poloni). Sull’arco absidale ci sono due affreschi : l’Annunciazione. Nella parete di destra di chi entra, vi sonore affreschi; La Madonna in trono con il Bambino, S. Giorgio ed il drago, S. Sebastiano e S. Rocco, (anche questi forse della bottega dei Marinoni), vicino un vescovo seduto su uno scranno, non si capisce chi possa rappresentare per mancanza di attributi. Sopra la porta d’entrata della sacrestia vi è collocata una lapide votiva che ricorda la liberazione degli Oleresi dalla peste dopo il voto fatto a S. Rocco di risistemare la vecchia chiesa, porta la data del 1630.

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